Alla scoperta
dei vigneti
Quattro vigneti: il Poggio, Scanni, il Mulino, il Salcio. Sono 72 in totale gli ettari dislocati su altitudini che variano tra i 280 e 320 metri s.l.m. La cintura verde che li racchiude è un vero e proprio polmone di biodiversità enzimatica, dove tutto è in perfetto equilibrio: questo genera un’armonia biologica indispensabile per le viti, affinché siano l’espressione più ricca e più pura dell’essenza del proprio terroir: Cipresso selvatico, Ginepro, Ginestra, Querce, Lauro, Erica e Corbezzolo sono alcune delle varietà peculiari di questa sottozona tipicamente mediterranea. Di questi 72 ettari, 56 sono impiantati a Sangiovese. Castello di Monsanto ha fatto di questo vitigno il suo punto di forza, credendo fin da subito nelle sue potenzialità. Un’idea vincente che si è tradotta negli anni nella produzione di due grandi vini: il Chianti Classico Gran Selezione (precedentemente Riserva) Vigneto “Il Poggio” e il “Sangioveto Grosso” proveniente dalla vigna Scanni. Al Sangiovese, di cui il Poggio è la vera vigna madre, si accostano piccole percentuali di altri vitigni classici a bacca rossa, il Canaiolo e il Colorino. Dal 1974 trovano spazio anche due vitigni non autoctoni: vengono piantate le vigne Valdigallo, oggi il Salcio, e il Mulino dove si producono rispettivamente il Fabrizio Bianchi Chardonnay e Nemo, un Cabernet Sauvignon in purezza. Le densità di impianto sono quelle tradizionali con circa 5.000/5.500 piante per ettaro, mentre come sistemi di allevamento vengono utilizzati il guyot in alcune vigne e il cordone speronato in altre.